Si parla tanto di Spiritualità e in tante modalità come:
- le varie religioni e quindi con le forme di preghiera
- ritualità e mantra
- meditazioni
- attività in cui si coniuga corpo, mente e spirito cioè attività olistiche
- e tanto altro
Quest’insieme di pratiche è svolto da oltre 6 miliardi di persone (8 miliardi la popolazione mondiale), cioè circa l’80% della popolazione mondiale vive a suo modo la spiritualità.
La domanda che ci si può porre e che io mi sono posto è: “Come mai con tutta questa spiritualità le persone sono comunque in conflitto e la società è malata?”
Per rispondere a questa domanda intanto bisogna sapere che Spiritualità, conflitto interiore e malattia sono correlati.
Infatti il conflitto interiore, come dagli anni 60’ la Psicologia Transpersonale spiega benissimo, è un conflitto Spirituale tra la personalità che cerca di inserirsi nella società e il percorso scelto dall’Anima nella incarnazione corrente. Maggiore è la differenza tra questi due percorsi e maggiore sarà il conflitto interiore. Infatti l’essere umano è così passato dai Bisogna Naturali Primari ai bisogni sociali generando così stress.
Conflitto Interiore = STRESS
A livello biofisico, quando un tessuto è stressato significa che i potenziali elettrici delle membrane cellulari che lo costituiscono sono alterati e questo stato, se si prolunga nel tempo, provoca la somatizzazione del conflitto interiore generando una malattia.
Ciò comporta: Sconnessione tra Anima e Personalità
Preso atto di questo, riprendiamo ora i vari percorsi sopra indicati in cui si parla a vario titolo di amore, perdono, pace, comprensione, gratitudine e si svolgono pratiche per entrare in contatto con il Divino, come preghiere, mantra e meditazioni[1].
Perché quindi tutto ciò è incapace di portare la società ad essere in amore, perdono, pace, comprensione, gratitudine, salute, benessere e contatto con il Divino?
La risposta che mi sono dato è che tutte queste pratiche sono svolte in modo prevalente a livello mentale, cioè vengono fatte, come se fossero degli automatismi, si è creata un’abitudine alla pratica che con il tempo diventa sterile e di spirituale ha in sé, così ben poco.
Inoltre, sempre in linea generale, vengono forniti degli insegnamenti, dei dettami ma poi la pratica esperienziale del divino è quasi sempre impossibile.
Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che invece vi sono tante esperienze mistiche, trascendentali che si sperimentano con preghiere, mantra e meditazioni.
Qui però bisogna entrare nella realtà oggettiva delle esperienze trascendentali che in linea generale sono esperienze in cui si entra in uno stato di coscienza alterato o non ordinario. In questo stato si può sperimentare uno stato di benessere biofisico, dovuto ad un abbassamento delle frequenze cerebrali che passano dallo stato di veglia (Onde Beta), a stati frequenziali più bassi con Onde Alfa o a volte anche Onde Theta.
Il fatto che a livello fisico e mentale si possa stare meglio, che si vedano dei colori o che possano comparire anche un qualche tipo di immagine, queste esperienze rimangono trascendentali, intese come fuori dall’ordinario stato di coscienza ma sono differenti dalle esperienze con il Divino.
Spesso poi alcune delle pratiche sopra indicate, in chi le vive in modo più assiduo, si può arrivare ad esperienze di tipo mistico in cui si vedono anche entità Angeliche o abbiamo esperienze extracorporee, nota anche come OBE (out of body experience), sta a indicare tutte quelle esperienze nelle quali una persona percepisce di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei. Questo sono delle eccezioni legate allo sblocco di alcuni canali come la chiarovisione o la proiezione astrale.
Queste capacità rientrano nei famosi Siddhi che è un termine sanscrito, utilizzato all’interno dell’Induismo e del Buddhismo tantrico, che può essere grossolanamente tradotto in “potere spirituale” o “abilità psichica”. Esso deriva dalla radice sidh (lett. “compiere”, “raggiungere”) e, nelle diverse tradizioni filosofiche e religiose indiane, ha assunto vari significati quali “potere”, “perfezione mistica”, “compimento ultimo della vita”, “completezza”, “successo”.
Queste capacità possono essere innate, o venire raggiunte grazie ad austerità e pratiche ascetiche.
Nello yoga si distinguono tradizionalmente otto (ashta) tipi di siddhi (anche se lo Yoga Sūtra di Patañjali, ne analizza 68), divisi in tre categorie:
- Siddhi della conoscenza: garima/prapti (onnipresenza) e prakamya (perfezione dei desideri).
- Siddhi del potere: isitva (supremazia sulla natura), vasitva (controllo delle forze naturali) e kama-avasayitva (completa soddisfazione).
- Siddhi del corpo: anima (diventare piccoli come un atomo), mahima (diventare infinitamente grandi), laghima (levitazione).
La siddhi suprema (parasiddhi), superiore a tutte le altre, è la realizzazione del Sé.
Nonostante la natura celeste delle siddhi, esse sono considerate potenzialmente pericolose per gli aspiranti spirituali, data l’estrema facilità con la quale lo sviluppo di questi poteri potrebbe comportare una crescita dell’ego, dell’orgoglio e della vanità, qualità che ostacolano il cammino dell’aspirante verso il fine ultimo del Samādhi[2]. Secondo i commentatori dello Yoga Sūtra attribuito a Patañjali, i siddhi consistono infatti in acquisizioni di poteri che non dovrebbero essere ricercati per se stessi, poiché potrebbero creare attaccamento e impedire kaivalya, cioè la liberazione.
Nelle Upanishad si trova il seguente avvertimento:
«Lo yogin saggio deve pensare che questi poteri siano grandi ostacoli per ottenere lo yoga,
e non deve mai trarne piacere.
Il re degli yogin non deve mai usare i suoi poteri davanti a nessuno.
Deve vivere nel mondo come un folle, un idiota, un sordo, per poter mantenere nascosti i suoi poteri.»
Dallo Yogatattva Upanishad[3]
Le esperienze con il Divino quindi, sono più precisamente esperienze Transpersonali in cui le esperienze, fuori del comune, si presentano spesso durante eventi scioccanti o attraverso particolari tecniche Energetico-Meditative (Metodo Cosmo ad esempio), in cui si fanno esperienze dirette del Divino, prima interiore e poi Assoluto.
Senza essere in grado di entrare in contatto con la propria parte Divina è impossibile entrare in contatto con DIO,
inteso come Coscienza Superiore Universale
(al di là di ogni religione)!
Questo di per se è ovvio, in quanto se non si riconosce il Divino interiore che è collegato al Divino Superiore Universale, è logico che andarci direttamente sia impossibile… o egoico il solo pensarlo.
Ovviamente tutte queste pratiche (preghiere, mantra, meditazioni) sono legittime e perfette per chi le vive e le ritiene conformi a ciò che crede essere funzionale alla propria vita.
Per chi è invece è interessato al Risveglio Interiore Reale e ad entrare in contatto diretto con il Divino, il percorso bisogna che sia molto più ampio e profondo.
Intanto, come già detto, bisogna che sia chiaro il come arrivare a DIO che è attraverso il Divino interiore che è una emanazione del Divino Superiore Universale e di cui ogni essere vivente ne porta un aspetto.
Compito di ogni personalità è di scoprire e comprendere le esperienze che l’Anima-Spirito necessita di esperire nella vita e specialmente in quella del proprio Risveglio, altrimenti il Risveglio stesso sarebbe impossibile.
Dal Mito di Er Hillman ci dice infatti che dobbiamo prestare particolare attenzione all’infanzia, per cogliere i primi segni del daimon all’opera (il Sé Superiore Divino), per afferrare le sue intenzioni anziché bloccargli la strada.
Le altre conseguenze pratiche vengono da sé:
- Riconoscere la vocazione come un dato fondamentale dell’esistenza umana
- Allineare la nostra vita su di essa
- Trovare il buon senso di capire che gli accidenti della vita, compresi i mal di cuore e i contraccolpi naturali che la carne porta con sé, fanno parte del disegno dell’immagine, sono necessari a esso e contribuiscono a realizzarlo.
Pare quindi evidente per noi del Metodo Cosmo e concordiamo con quanto Hillman sosteneva che il conflitto interiore, in buona sostanza, si genera da quanto noi siamo lontani, con le nostre azioni, con la nostra vita, da quella che è l’immagine di noi che il daimon possiede.
Ciò che va compreso quindi è lo scopo della vita attuale, cioè il fine Divino per cui si vive il presente e la direzione, il cammino da intraprendere per il nostro futuro. Questo comporta sentire e sapere quale sia il nostro Destino, accettarlo e andargli incontro.
Intraprendere questo tipo di percorso che porta alla scoperta del proprio Sé Superiore Divino necessariamente passa per l’analisi della parte umana, delle ferite accumulate in questa vita a partire dalla nostra infanzia per arrivare, ad un certo punto del percorso che molte ferite provengono sia dalle nostre vite passate sia, come condizionamenti, dai nostri avi, quella che possiamo identificare come l’eredità epigenetica.
Quindi il Risveglio reale comporta l’analisi di tutto questo bagaglio di informazioni e credenze condizionanti che ci portiamo appresso, l’insegnamento che ne deriva e la pacificazione, attraverso l’Amore che ne comporta la Consapevolezza.
Una delle difficoltà che in generale emerge, nonostante che in tanti svolgano questo lavoro di autoriconoscimento (diciamo 500 milioni di persone) e che non lo fanno con la giusta energia e non conoscono tutti i meccanismi energetici che sottostanno alle Leggi Spirituali.
Se ad esempio si volesse insegnare a perdonare come requisito per vivere meglio la vita, scopo questo nobile ed auspicabile, la domanda che sorge, o dovrebbe sorgere spontanea è come fare ad entrare nella frequenza del perdono.
L’intenzione è importante ovviamente ma senza le giuste frequenze le intenzioni non possono collassare perché gli manca l’energia giusta. Il rimandare tutto questo a Dio non è giusto da un punto di vista Spirituale, perché si toglierebbe alle persone la consapevolezza che si acquisisce nel fare il percorso che porterebbe ad una evoluzione spirituale che è ciò a cui tutti devono tendere. Dio indica la strada, fornisce l’eventuale supporto ma il percorso bisogna che sia svolto da noi.
Quindi il lavoro rimane in superficie, si migliora un po’ il proprio stato d’essere e il proprio comportamento e ciò gli fa ritenere che il loro percorso sia giusto e quindi idoneo per l’obbiettivo da raggiungere, anche perché porta e comporta situazione simili in percorsi simili.
Tutto questo per la mia esperienza è insufficiente per arrivare al Risveglio Reale.
Per Risveglio Reale intendo:
- Liberare la parte umana dalle credenze e condizionamenti
- Riconoscere la propria parte Spirituale (tipologia di Anima e nome ancestrale)
- Sentire e divenire Consapevoli del significato del proprio nome
- Essere in grado di integrare la propria parte Spirituale e vivere la vita attraverso gli occhi e la Consapevolezza della nostra parte Spirituale: Spiritualizzare la materia
- Entrare in contatto con DIO: comunicazione diretta con risposte
Un Percorso Reale porta a compiere un lavoro pratico quotidiano di osservazione, pratiche e consapevolezza delle cose.
Trovare giustificazioni, come aver poco tempo, il lavoro, la famiglia, il traffico, i soldi, gli animali da accudire, ecc. ecc., sono le modalità in cui si evita l’assunzione di responsabilità e quindi mettiamo DIO dopo il tempo, il lavoro, la famiglia, il traffico, i soldi, gli animali da accudire, ecc. ecc., e poi ci lamentiamo che stiamo male che siamo stressati o peggio.
Le nostre scelte co-creano la vita che viviamo e la sofferenza e il dolore sono i messaggeri che indicano che le scelte fatte sono poco coerenti con la Verità della vita che dovremmo vivere.
Ritrovare DIO cambia la vita e riempie il cuore di AMORE.
Se cerchi un percorso di Risveglio Reale il Metodo Cosmo è ciò che può portare ad attuarlo in te: www.metodocosmo.it
Co-Fondatore Metodo Cosmo
Dott. Roberto Fabbroni
[1] NOTA: Ovviamente preghiere, mantra e meditazioni hanno effetti differenti essendo di tante tipologie e provocano differenti stati di coscienza alterati con una differente introspezione ed effetto biofisico.
[2] Samādhi (devanāgarī: समाधि, letteralmente “mettere insieme”, “unire con”) è un sostantivo maschile sanscrito proprio delle culture religiose buddista e induista che definisce l’unione cosmica del meditante con un dio, o con l’oggetto della meditazione, e la sua conseguente liberazione (moksha) dai legami terreni.
[3] Citato da Jean Herbert, in Hindu Spirituality, Albin Michel, 1972, pag. 496.